LETTERA DATTILOSCRITTA AUTOGRAFA DEL MARCHESE
FALCONE LUCIFERO
10 GIUGNO 1957
IN OTTIME CONDIZIONI DI CONSERVAZIONE
SPESE DI SPEDIZIONE A CARICO DELL'ACQUIRENTE
POSTA PRIORITARIA ( RISCHIO ACQUIRENTE ) EURO 2
POSTA RACCOMANDATA EURO 5,5
Falcone Lucifero dei marchesi di Aprigliano
(Crotone, 3 gennaio 1898 - Roma, 2 maggio 1997)
è stato un politicoitaliano.
Al termine della prima guerra mondiale, alla quale partecipò come ufficiale, si laureò in giurisprudenza a Torino. Nel1920 fu eletto consigliere comunale a Crotone, sua città natale, nelle file del Partito Socialista Unitario. In seguito abbandonerà la corrente riformista di Filippo Turati per iscriversi al partito fascista.[1] Tuttavia, dopo l'avvento delregime si ritirerà a vita privata, esercitando la professione di avvocato.
Alla caduta del fascismo, il 25 luglio 1943, il primo governo Badoglio lo nominò prefetto di Catanzaro e poi di Bari. Dall'11 febbraio al 22 aprile 1944 fu ministro dell'agricoltura nello stesso governo.
Il 4 giugno 1944 Umberto di Savoia, luogotenente generale del Regno, lo nominò Ministro della Real Casa, carica tenuta fino ad allora da Pietro d'Acquarone. Nel corso dei due anni della luogotenenza e dei trentatré giorni di regno di Umberto, fu il principale interlocutore del governo e delle forze politiche antifasciste, e organizzò la campagna in favore della monarchia nell'imminenza del referendum istituzionale del 2 giugno 1946.
Dal 2 al 13 giugno 1946 gestì in prima persona la delicata fase immediatamente successiva allo svolgimento del referendum, adottando una linea ferma ma scevra da tentazioni oltranziste. Il 13 giugno, in conseguenza dell'attribuzione da parte del consiglio dei ministri dei poteri di capo provvisorio dello Stato al capo del governo Alcide De Gasperi, stese il testo dell'ultimo proclama di Umberto II.
Dopo la partenza del Re per il Portogallo rimase suo unico rappresentante ufficiale in Italia. In questa veste rappresentò l'ex re in occasione dei funerali delle vittime del Vajont, delle vittime delle stragi degli anni settanta, di Pio XII, Giovanni XXIII, Paolo VI e Giovanni Paolo I e all'intronizzazione dei loro successori. Si occupò anche dell'attività benefica di Umberto II e dei suoi contatti col mondo politico. Nel 1948 rifiutò la nomina a senatore a vita offertagli daLuigi Einaudi.
Il 4 settembre 1969, in occasione del suo sessantacinquesimo genetliaco, Umberto II lo nominò cavaliere dell'Ordine Supremo della Santissima Annunziata. Insieme a Vittorio Cini (nel 1975) fu il solo caso, dal 1944 al 1982, di concessione della massima onorificenza di Casa Savoia a una personalità che non fosse né a capo di uno Stato né appartenesse a una dinastia reale. Il 18 marzo 1983, dopo la scomparsa dell'ex sovrano, fu praticamente esautorato nel suo ruolo dal figlio di Umberto, Vittorio Emanuele di Savoia.
Pubblicò saggi, biografie, opere letterarie e teatrali. Collaborò per quotidiani e periodici, e, fino all'ultimo, continuò a sostenere la tesi monarchica e costituzionale. Intervistato nel 1990 da Giovanni Minoli per Rai 2[2] e da Bruno Vespaper Rai Uno nel 1996, ribadì la tesi dell'invalidità dello svolgimento del referendum.
Morì a Roma nel 1997, e, per sua volontà, fu sepolto a Crotone, alla cui biblioteca comunale, intitolata a suo padreArmando Lucifero, aveva donato nel 1996 il suo voluminoso carteggio privato. I suoi diari dal 1944 al 1946 sono stati pubblicati da Arnoldo Mondadori Editore nel 2002 con il titolo L'ultimo re.